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La truffa legalizzata dei Gratta e vinci e l’indifferenza delle istituzioni

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view post Posted on 26/11/2014, 13:41     +1   -1
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La truffa legalizzata dei gratta e vinci e l’indifferenza delle istituzioni

E’ un nuovo e insidiosissimo tipo di droga. Crea forme di dipendenza gravissime e – come l’eroina e la cocaina – può indurre i consumatori più accaniti a dilapidare il loro patrimonio per procurarsela. Si presenta in modo accattivante e genera, specie nei soggetti più fragili, l’illusione di poter trasformare la propria vita. Al contrario delle sostanze stupefacenti tradizionali, non è illegale. Viene venduta un po’ ovunque. Ed è facilmente accessibile ai minorenni: benché non possano acquistarla, spesso se la vedono regalare dagli adulti. Ha 51 varianti. Il nome “scientifico” è “lotteria a estrazione istantanea”, ma è più conosciuta come “Gratta e Vinci”.

Attenzione: non si sta facendo il gioco dei paradossi. L’Italia è stabilmente ai primi posti nel mondo per il gioco d’azzardo. Si stima che un milione di persone siano colpite da “ludopatia” con un costo sociale di circa otto miliardi di euro, una cifra che corrisponde a quanto entra nella casse pubbliche attraverso ilPreu (Prelievo erariale unico). Insomma, per lo Stato e i cittadini una penosa, e a volte tragica, partita di giro. Per i gestori guadagni miliardari. Per i venditori, le briciole.

Benché sia da anni impegnato in prima linea nella lotta al gioco d’azzardo e alle truffe a esso connesse, l’avvocato Osvaldo Asteriti non ha finito di sorprendersi per l’atteggiamento tollerante, distratto, ma a volte connivente, delle istituzioni. Ha presentato denunce a venti procure della Repubblica (e tre – Rimini, Pavia e Trani – hanno avviato delle indagini) e innumerevoli esposti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ricevendo risposte tardive e a volte elusive. “Da parte dell’Agcm – denuncia – ho sempre registrato un grave disinteresse, se non peggio”.

Accade che la normativa vigente, benché sia estremamente benevola nei confronti dei gestori, spesso non venga rispettata. Per esempio, delle regole che hanno lo scopo di garantire ai consumatori un livello minimo di informazione sulle reali possibilità di vincita. “Il decreto Balduzzi – spiega Asteriti – prevede che esse vengano indicate sul biglietto e solo nel caso in cui non ci sia lo spazio materiale per inserirle, allora il concessionario può limitarsi a indicare il sito dove è possibile andare a verificarle. Ed è quanto avviene quasi sempre. Bene, ho fatto questo piccolo esperimento: sono andato in una tipografia con un Gratta e Vinci e ho chiesto di inserire le percentuali di vincita. Ci stavano tutte. Quindi quei biglietti dove non sono indicate, non sono conformi alla legge. Eppure continuano a circolare liberamente”.

I concessionari non gradiscono che gli utenti conoscano la durissima verità matematica: che, cioè, le possibilità di diventare “megamiliardari”, “turisti per sempre” o – l’ultima è questa – proprietari di un appartamento, sono assolutamente irrisorie (uno zero, seguito da un virgola e altri quattro zeri prima di un numero). Gli utenti devono avere l’impressione di “vincere” qualcosa. Ma la stragrande maggioranza di queste cosiddette vincite corrisponde al prezzo dello stesso Gratta e Vinci.

Sul sito della Agenzia delle dogane e dei Monopoli di Stato campeggia la scritta “Regole chiare, massima trasparenza, sicurezza per tutti”. Accanto, un link che riporta il 4° comma del decreto legge del 13 settembre 2012, più noto come “decreto Balduzzi” (da Renato Balduzzi, ministro della Sanità nel governo Monti): la normativa-omnibus che, tra innumerevoli materie sanitarie, regola anche quella delle lotterie introducendo tra l’altro l’obbligo di indicare “in modo chiaramente visibile”, nei giochi che prevedono vincite in denaro, “la percentuale di probabilità di vincita”.

Siamo dunque dentro un sito istituzionale. Che, nella sezione dedicata alle “lotterie istantanee”, avverte: “Probabilità media di vincita delle lotterie nazionali a estrazione istantanea, cosiddette ‘Gratta e Vinci’: 1 su 3,53”. In pratica, ogni tre-quattro tagliandi, ce n’è uno vincente. Non male, si direbbe. Ma se poi si va a guardare nel dettaglio di uno dei Gratta e Vinci più famosi – il “Nuovo Megamiliardario” – si scopre che i biglietti con la massima vincita, quella che “cambia la vita”, un milione di euro, sono trenta. E che la probabilità di vittoria è dello 0,00006 per cento. Mentre sono inclusi tra i “biglietti vincenti” quelli che (sono il 35 per cento: 17 milioni su poco più di 50 milioni) prevedono una vincita di 10 euro, cioè pari al costo del tagliando. In sostanza, il sito istituzionale definisce ‘vincita’ una cosa non lo è. Si tratta, a essere generosi, di un “rimborso”.

Ma, in realtà, non funzione nemmeno come tale. Perché la stragrande maggioranza di quanti vincono questo “rimborso” lo reinvestono immediatamente in un altro tagliando, col risultato che tre volte su quattro perdono. Ma, memori della “vittoria” precedente, sono portati ad acquistare un nuovo biglietto. Per trovare, nella migliore delle ipotesi, un altro rimborso, per poi perderlo. E così via. Ecco il meccanismo “cinico”, lo definisce Asteriti, che crea la dipendenza. Lo fa agendo sull’ingenuità e la fragilità dei soggetti più deboli nei quali s’insinua facilmente il “pensiero magico” secondo cui a una disfatta esistenziale, come la perdita del lavoro, debba inevitabilmente seguire un “risarcimento”. Si convincono che la vittoria necessariamente arriverà. E si rovinano.

Ma, evidentemente non paghi di questo formidabile sistema per mangiare soldi agli sprovveduti, i concessionari hanno introdotto sistemi per coniugarlo col maggior profitto possibile. Esiste anche un Gratta e Vinci (“Nuovo dado matto”) che ha introdotto “premi” da un euro mentre il tagliando ne costa due. Anche questi biglietti vengono definiti “vincenti” e vanno a rendere allettante la probabilità di successo. “Sarebbe come se – commenta Asteriti – nel tempio del gioco d’azzardo, il Casinò, il croupier restituisse solo la metà della puntata a chi ha giocato e vinto sul rosso o sul nero”.

Il croupier in questione molto probabilmente verrebbe malmenato dai giocatori e il Casinò chiuso. Nel caso delle lotterie istantanee, invece, questo meccanismo è esposto tranquillamente in un sito governativo. Denuncia il legale: “Se si scoprisse che è stata messa in commercio una bibita dalla confezione intrigante, dal sapore gradevole, che però causa gravissime malattie, quella bibita verrebbe immediatamente ritirata dal mercato e sarebbe subito avviata un’azione di risarcimento da parte di quanti ne sono rimasti vittime. Il gioco d’azzardo è esattamente come quella bibita, ma non succede niente”.

Non è solo per la potenza economica delle concessionarie che – per la gigantesca liquidità di cui dispongono – possono svolgere attività di lobbyng di particolare efficacia. C’è anche la condizione dei consumatori, cioè delle vittime. Che – per un meccanismo che ricorda in modo sinistro quello delle vittime di abusi sessuali – si sentono in qualche misura “responsabili”. Il loro è un “vizio” e tendono a tenerlo nascosto. Così succede che ancora non sia stata avviata – nonostante il numero enorme di persone rovinate dal gioco – una seria azione di risarcimento. Figuriamoci una class action che pure sarebbe tecnicamente possibile. E che, forse, porterebbe le concessionarie a più miti consigli. Un po’ come, dopo molti anni, è accaduto negli Stati Uniti alle aziende produttrici di sigarette. Ma la strada è lunghissima. Basti dire che oggi, al contrario delle sigarette, le lotterie vengono pubblicizzate.

“E capita spesso – denuncia Asteriti – che uno o due tagliandi del Gratta e Vinci vengano inseriti nel pacco col regalo di compleanno di un ragazzino. Alimentando fin dall’infanzia l’idea che il successo non è il frutto del lavoro e dell’applicazione, ma di un gigantesco colpo di fortuna”. Che non arriva quasi mai.
 
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