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Renzi vuole il ministero del sud per non perdere potere

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view post Posted on 5/8/2015, 12:17     +1   -1
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Renzi vuole il ministero del sud per non perdere potere
PER ARGINARE L’AVANZATA DI MICHELE EMILIANO, RENZI VUOLE CREARE UN DICASTERO PER IL MEZZOGIORNO (COSÌ I VOTI LI CONTROLLA DA ROMA E NON LASCIA SPAZIO AI RAS LOCALI DEL PD)

Resta da sciogliere un interrogativo: il Sud ha davvero bisogno di interventi pubblici? Sembrerebbe di sì, a leggere l’annuale rapporto dello Svimez che però non dà conto degli investimenti realizzati, in corso e annunciati negli ultimi anni della Fiat a Pomigliano, Melfi e Atessa, dell’Ilva, dell’Eni a Gela, dell’Alenia Aermacchi in Puglia e Campania…


Sempre più in stato confusionale, alle prese con le solite lotte interne al Partito democratico e (ovviamente) con la stella polare della comunicazione a indicare la linea, il governo di Matteo Renzi si appresta a compiere uno scempio, all’insegna dello spreco: istituire il ministero per il Mezzogiorno. L’idea non è nuova, per la verità. Già lo scorso febbraio, lo stesso inquilino di palazzo Chigi aveva lanciato la proposta negli studi televisivi di Porta a porta.

Ieri la faccenda è rimbalzata di nuovo, sul quotidiano l’Unità (che il ribelle democrat Massimo Mucchetti ha ribattezzato «Pravda di Cernenko») e attraverso varie dichiarazioni pubbliche, come l’intervista del governatore Pd della Basilicata, Marcello Pittella. Secondo cui un dicastero ad hoc per il Mezzogiorno è «auspicabile». Dalle colonne di Repubblica, invece, il ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, ha fornito le cifre: l’ex capo dei giovani di Confindustria sostiene che servono «70-80 miliardi di euro sulle nuove infrastrutture» nel Sud e che «i grandi investimenti muovono Pil e posti di lavoro, perciò sono la condizione per creare quel substrato necessario in qualunque economia moderna evoluta».

Fatto sta che la strada è segnata: venerdì il dossier «Sud» sarà formalmente istruito dalla segreteria del partito. Precise ragioni politiche spingono il segretario-premier ad avocare il fascicolo, a cominciare dalla necessità di arginare l’ascesa di Michele Emiliano. Il governatore della Puglia sta consolidando il suo potere territoriale e vorrebbe estenderlo all’intero meridione. Non a caso, da un paio di giorni sta avanzando la proposta di una non meglio precisata «Unione dei governatori del Sud». Dichiarazioni più o meno fotocopia si trovano sulle agenzie di sabato, domenica e ieri.

Di là dalle beghe squisitamente politiche, resta da sciogliere un interrogativo: il Sud ha davvero bisogno di interventi pubblici? Sembrerebbe di sì, a leggere (superficialmente) l’annuale rapporto dello Svimez. I dati diffusi giovedì hanno scaturito un effetto rilevante («dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto solo del 13%») e il paragone con la Grecia («ha segnato più 24%») è stato efficace sul versante mediatico.

Quella analisi, tuttavia, è stata contestata dallo stesso vertice dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Uno dei consiglieri, Federico Pirro (Università di Bari) ha smentito sul Foglio «l’Apocalisse» e ha scritto che i dati sono frutto della «frustrazione» dei dirigenti Svimez «ormai inascoltati da tempo dalle autorità governative». Pirro, poi, ha spiegato che il rapporto Svimez non dà conto dei «grandi investimenti realizzati, in corso e annunciati negli ultimi anni della Fiat a Pomigliano, Melfi e Atessa, dell’Ilva, dell’Eni a Gela, dell’Alenia Aermacchi in Puglia e Campania».

Senza dimenticare la presenza di importanti siti industriali di colossi farmaceutici in varie regioni. Insomma, chi vuole investire al di sotto di Roma si accomodi: tanti pensano sia profittevole. Con rarissime eccezioni (la Cassa del Mezzogiorno sfruttata a pieno nella zona di Frosinone, Lazio meridionale) la presenza della mano pubblica non ha mai sortito gli effetti sperati nell’economia. Ogni qual volta si sono spesi quattrini dei contribuenti, si è assistito a sprechi.
 
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